
Chi mi conosce, sa bene che non sono superstiziosa e che per me la persona è sempre responsabile di dare senso e significato a ciò che le accade. In questo articolo scelgo e ti invito a NON pensare alla sfiga così come intesa nell’immaginario popolare.
Eppure qui sostengo che il malocchio esista, eccome! È quello che, più o meno frequentemente, tu posi sul mondo.
Per me il malocchio é di chi lo possiede, ed è qualcosa che sicuramente si può infliggere a qualcun altro o a noi stessi, ma solo nella misura in cui lo appoggiamo, lo mettiamo sulle cose.
Mi spiego meglio.
Avere il mal-occhio è guardare con “occhio malo”, malvagio, cattivo, invidioso, fisso, predatorio, critico, giudicante, ciò che abbiamo intorno o anche noi stessi, e questo non può fare altro che portarci male. Come lo sguardo di Medusa, che pietrifica, ingabbia e limita l’espressione e quindi la vita.
Se vediamo male, pensiamo male, facciamo male, cosa altro ci può tornare indietro?
Abbiamo già parlato dell’energia e di alcuni modi in cui si può intenderla. L’energia che metto nei miei occhi che fissano, che scrutano e sezionano una persona e ciò che fa, che ritengo abbia più o meno di me o sia più o meno fortunata, più o meno bella, mi restituisce una versione limitata e limitante della vita, delle cose e anche di me.
Il modo in cui fisso con una definizione quello che mi accade, giudicando ad esempio una situazione come sfigata, mi limita automaticamente nel potere agire a riguardo. Alzo le mani, mi pietrifico e non vado oltre.
Lo sguardo di cui parlo è l’intenzione, l’intenzione che pongo verso l’esterno.
Ad esempio: guardare la carriera o la vita famigliare o sentimentale di altri, oltre all’ammirazione, corrisponde a scegliere di rincorrere il sogno, la proiezione, la traccia di qualcun altro.
Riflettici: hai mai guardato con malocchio? Come ti senti, fisicamente, quando lo fai?
Come stanno il tuo stomaco, le rughe della fronte, la tua mascella, il tuo collo, le spalle? Quali sono i pensieri che generi? Quali azioni pensi promuoverà questo tipo di pensiero?
Forse reazioni di chiusura o ulteriore limitazione; quella fame che abbiamo nel guardare gli altri, ci lascia infine vuoti, il passo successivo è buttarsi in abbuffate o mangiarsi le unghie, cercare una distrazione di qualsiasi tipo, rimanere bloccati come se non avessimo scelta.
Raramente l’invidia si traduce in azioni concrete, positive e promotrici di cambiamento. E se la coltiviamo a lungo, ci troveremo su una strada che non fa per noi perché abbiamo rincorso il desiderio di qualcun altro, non il nostro.
Questo perché parte da una valutazione e svalutazione esterne a noi, e quindi dipendente da cose che non possiamo controllare, ma che lasciamo abbiano influenza su di noi.
L’invidia ci pietrifica! Perché è facile pensare che qualcuno sia più fortunato di noi (chissà quanto lavoro c’è comunque dietro a ciò che appare, chissà le scelte, i sacrifici), è facile pensare se fossi più ricco, più figo, più cool, più giovane…è facile perchè promuove l’immobilità e quindi ci evita la messa in gioco, lo sforzo, il rischio di esprimerci e vedere come va.
Se invidio qualcuno è perché purtroppo non ho ancora capito il mio valore e non ho seguito la mia voce e la mia verità, il mio talento interiore, che forse mi guida verso scelte faticose e difficili, ma che potrebbero portarmi a una nuova libertà ed esperienza, una nuova espressione di me.
E quando mi esprimo, con azioni concrete e guidate da ciò che sento essere giusto, non guardo più gli altri perché mi riapproprio della mia capacità di determinazione.
Ancora una volta l’invito è guardare noi stessi. E come guardarci? Con occhi buoni: quelli di un genitore amorevole che da una parte accetta i figli e dall’altra li sfida e incoraggia ; trovare quelli che sono i nostri ambiti di miglioramento e lavorare su quelli. Ecco alcune domande che possiamo porci in tal senso:
Cosa invidio nell’altro? Dove lo ritrovo in me? Posso sviluppare quella qualità? Cosa non mi piace di quella persona? Sono sicura di non avere nulla in comune con quell’aspetto? Cosa vorrei cambiare di me? Cosa della mia vita?
L’invito di oggi, si ricollega alla foto (Carta Innovazione (The Coaching Game by Points of You®): in questa immagine, tratta da uno degli strumenti di sviluppo personale di punta che utilizzo con i miei clienti, vediamo …un bambolotto torturato forse, da qualche bambino, o forse in via di trasformazione, da bambola vuole trasformarlo in robot? Ognuno ci vede quello che vuole! Lo spunto che vi lascio è quello di rifarci gli occhi!
Per creare la nostra nuova strada, trasformandola da passiva e reattiva in attiva e creativa!
…E per tenere lontano il malocchio degli altri? Vale la stessa soluzione: quando vai per la tua strada, ti assicuro che quello che gli altri pensano di te e come ti guardano, non ti può toccare!
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